FACCIAMO UN TEST?
Se 7/8 ore della giornata le trascorri a dormire, 2 a tavola…le altre 14/15 ore come le impieghi?
É una domanda che mi sono posta e che mi ha portato a fare alcune ricerche. Quella che sicuramente più mi ha sconvolta riportava che, in termini di rischi e mortalità, stare seduti per più di 8 ore al giorno equivale ad avere lo stile di vita di un fumatore e di un obeso.
É certamente vero che in questo periodo la tendenza al “dolce far nulla” ha preso grande sopravvento. E allora perché non scuotersi da questo torpore? E perché da settimane i personal trainer ci spronano sui social a non abbandonare l’esercizio fisico usando anche attrezzature fai da te?
Muoversi è importante perché ci mantiene attivi sia fisicamente che MENTALMENTE, ma sono soprattutto i dati dei ricercatori che ci devono far riflettere.
Numerosi studi hanno dimostrato che la scarsa attività fisica è un importante fattore di rischio di mortalità, responsabile addirittura di oltre 5 milioni di morti ogni anno nel mondo.
In uno studio condotto da Ekelund e il suo team, è stato valutato il tempo giornaliero speso seduto e quello passato davanti alla TV, suddividendo tali misure in quattro diversi livelli di sedentarietà.
E’ stato visto che passare 5 o più ore davanti alla TV si associava ad aumentata mortalità indipendentemente dal livello di attività fisica; lo stesso avveniva con il gruppo che passava almeno 3 ore di tempo davanti alla TV.
Queste analisi indicano che alti livelli di attività fisica, 60 a 75 minuti al giorno di moderata intensità, sembrano eliminare l’aumento dei rischi associati alla mortalità dovuti all’eccessivo tempo speso nello stare seduti.
Sono molte le ragioni per dedicare più tempo all’esercizio fisico. Mantenendoci fisicamente attivi, infatti, si liberano endorfine, le quali vanno a migliorare l’umore dando un senso di felicità. Per di più si previene l’invecchiamento precoce e si evitano eventuali rischi connessi come: ipertensione, ipercolesterolemia, rischio di cancro e di malattie del sistema muscolo-scheletrico come l’artrite, osteoporosi o fibromialgia.
Se si è costretti a stare in casa a causa del Covid-19, non significa che si debba smettere di fare movimento. È importante sfruttarlo come escamotage per rompere la routine.
Anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda “150 minuti di attività fisica ad intensità moderata o 75 minuti di attività fisica ad intensità vigorosa a settimana, o una combinazione di entrambi”.
E’ stato dimostrato in numerose ricerche che, durante lunghi periodi di inattività fisica, si verifica il fenomeno dell’atrofia muscolare. Questa perdita di massa muscolare non è un processo che avviene nelle stesse modalità, è diverso infatti se si tratta di giovani o adulti.
Dopo quindici giorni passati con una gamba immobilizzata, i giovani perdono fino ad un terzo della loro forza iniziale, mentre i soggetti più in là con l’età fino ad un quarto. “La perdita di forza fisica per il giovane equivale ad un invecchiamento di circa mezzo secolo”.
Capiamo bene come l’esercizio fisico regolare è imprescindibile per la nostra salute generale, soprattutto per il sistema immunitario che si trova a fronteggiare il virus.
Bisogna cercare nuove opportunità di movimento.
Un consiglio, se poco motivati, è quello di farlo insieme ad un amico/a tramite “piattaforme social”.
Nel caso in cui è inevitabile evitare questi lunghi periodi di tempo seduti a causa del lavoro, è importante essere fisicamente attivi.
Come si evince dallo studio è già sufficiente compensare l’inerzia con 1 ora di attività fisica per 8 ore di seduta!
“Vivi la vita alla ricerca dell’opportunità di includere il movimento. Ogni piccolo movimento conta “.
Agnese Camillini S&Co.ach
Laureata in scienze motorie sportive e della salute e scienze dello sport
Reference:
Does physical activity attenuate, or even eliminate, the detrimental association of sitting time with mortality? A harmonised meta-analysis of data from more than 1 million men and women
U. Ekelund, J. Steene-Johannessen, W. J Brown, M. Wang Fagerland, N. Owen, K. EPowell, A. Bauman, I-Min Lee (2016) The Lancet .