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E TU PER “ALLUNGARE” I MUSCOLI…. FAI STRETCHING?

SFATIAMO UN FALSO MITO, facendo un passo indietro.

Tutt’oggi molti professionisti del fitness o preparatori atletici, magari perché  influenzati dai dogmi del BodyBuilding degli anni 80 o perché si sono persi la lezione sulla fisiologia dell’esercizio fisico, tendono ad associare allo stretching un miglioramento della flessibilità e della mobilità articolare, in particolare quello statico/passivo.  

Quest’ultimo, come molti di voi sanno, consiste nel portare l’articolazione vicino al suo limite di mobilità per poi mantenere la posizione per alcuni secondi, a volte minuti. Si va a ricercare “allungamento muscolare” sfruttando una resistenza esterna (pavimento, parete, operatore), lasciandosi vincere totalmente da questa senza alcun controllo attivo sul sistema nervoso.

Come reagisce il nostro sistema locomotore?

Secondo le regole della fisiologia muscolare, sappiamo che i muscoli sono viscoelastici, cioè ritornano alla loro posizione iniziale dopo essere stati “deformati” (come un elastico). Capendo questo, non ha senso pensare che facendo stretching statico/passivo si stia andando a lavorare sull’elasticità muscolare. Poiché, nel momento in cui si termina la sessione di stretching, il tessuto muscolare tornerà nel medesimo stato iniziale, per fortuna. Diciamo “per fortuna” perché il nostro corpo è intelligente e si difende reagendo agli agenti che “lui” rileva come particolarmente stressori o pericolosi perché dannosi.

Mantenere i muscoli “elastici e reattivi” è importante per raggiungere un ROM (ampiezza di movimento di una articolazione) completo e per evitare squilibri tra i gruppi muscolari che potrebbero causare lesioni. La tensione muscolare residua può portare dolore e rigidità, così come l’incapacità di muoversi liberamente. Dall’altro lato, i muscoli “tesi/rigidi” ostacolano il flusso sanguigno che di conseguenza avrà uno scorrimento non efficiente, poiché impedirà di rifornire il corpo di nutrienti e di rimuovere i prodotti di scarto dalle cellule.

Il problema dello stretching è che con il passare del tempo si va a modificare anche la struttura dei tendini e dei legamenti, i quali non sono progettati per essere lassi o troppo flessibili.

Essi forniscono stabilità alle articolazioni e sono destinati ad avere un adeguato livello di tensione e rigidità. Quando questi complessi vengono sovraccaricati, le articolazioni diventano meno stabili e più suscettibili a infortuni. Episodi di lesioni a questi tessuti potrebbero capitare per esempio quando si esegue un affondo più lungo del solito o anche durante gesti comuni nella quotidianità, ma eseguiti con un ampiezza maggiore e incontrollata.

Ma quindi flessibilità e mobilità sono sinonimi?

Ni. Potrebbero essere termini sovrapponibili, perché se siamo flessibili siamo anche più mobili. Quando intendo aumentare il mio ROM, il lavoro sarà focalizzato sull’aumento di mobilità, ovvero andrò a lavorare sul rilascio miofasciale (la miofascia può essere vista come una guaina, una pellicola che avvolge i muscoli e che connette le strutture adiacenti tra di loro). Quindi per essere più flessibile andrò comunque ad agire sulla componente miofasciale.

Per questo motivo se si va ad allungare velocemente la fascia, questa potrebbe strapparsi, poiché a differenza dei moscoli è caratterizzata da plasticità e non da elasticità. Rilasciando la fascia, diminuendone lentamente la tensione, questa si deformerà senza il rischio di lesionarsi.

Quindi, come si fa a migliorare la flessibilità e la mobilità delle articolazioni?

Prima di tutto, è necessario comprendere che la flessibilità è composta principalmente da due componenti: struttura genetica e forza muscolare. Purtroppo sulla genetica si può intervenire ben poco, perché ogni persona nasce con una determinata struttura muscolo-osseo-tendinea. Quindi non ci rimane altro che lavorare sulla forza dei muscoli, i veri responsabili dei movimenti volontari, del mantenimento della postura e della produzione di calore durante la contrazione. Lavorando “coscientemente” su di loro otterremo un guadagno sul ROM.

Si deve tener conto che si può aumentare la mobilità articolare con un’adeguata esercitazione, a due condizioni: uno, che l’esercizio venga eseguito ricercando il movimento completo dell’articolazione; e due, che la resistenza sia presente quando il muscolo raggiunge il limite della sua posizione allungata. Bisogna sempre lavorare con controllo attivo e in maniera consapevole durante l’intera contrazione muscolare, ovvero sia durante la fase di accorciamento muscolare (concentrica, quando si supera la resistenza esterna) sia durante quella di allungamento muscolare (eccentrica, quando la resistenza costringe i capi articolari muscolari ad allontanarsi e quindi ad un lavoro massimo di frenata).

Ma allora perché quando mantengo per vari minuti una posizione statica “mi sento più sciolto/a”?

Avviene una finta sensazione di allungamento. In realtà la sensazione di allungamento non è altro che una plasticità del sistema nervoso che resetta un riflesso, chiamato “da stiramento”, ad una soglia successiva. In poche parole si diventa più tolleranti alla tensione continua da stretching statico, ritardando la sensazione del dolore. Quando manteniamo queste posizioni si verifica un’assuefazione di alcuni recettori che sono insiti nel ventre del muscolo schelettrico (Fusi Neuromuscolari).

Come si spiega sopra, il corpo attua dei meccanismi protettivi. Il riflesso da stiramento è uno di questi e viene effettuato dal muscolo. Così facendo diminuisce anche la cosiddetta Stiffness Muscolare, di conseguenza si esprime meno forza perché il tessuto connettivo non è in grado di accumulare energia potenziale convertendola in energia cinetica per generare uno sforzo.

Bisogna fare attenzione con gli sportivi. Infatti diminuire questa soglia in chi pratica sport, anche a livello amatoriale, non è una buona strategia. I tendini diventano meno reattivi e i loro recettori (Apparato del Golgi) reagiscono più tardi a quello stiramento.

Quindi bisogna fare attenzione sia ad avere una buona mobilità articolare che un riflesso da stiramento efficiente, anche per non perdere stabilità e sicurezza delle strutture che agiscono sulle articolazioni.

Conclusione

L’obiettivo di questo articolo è quello di chiarire questo argomento a chi non è del settore.

Eseguire esercizi di mobilità all’inizio della sessione d’allenamento “lubrifica” le articolazioni e quindi “prepara” il corpo al lavoro successivo e quindi si abbassa il rischio di lesione.

È bene dedicargli sufficientemente tempo a questa pratica. Per questo è consigliato “allenare” la mobilità in una sessione a parte.

Come consiglio pratico al lettore, si raccomanda di eseguire nel riscaldamento pre-allenamento una buona mobilità articolare globale e/o di utilizzare anche la tecnica del rilascio miofasciale (seguita ovviamente dai gesti più dinamici) piuttosto che svolgere una serie di allungamenti intensi. Possiamo dire che l’allungamento muscolare ad alta intensità è controproducente in preparazione all’esercizio fisico, diminuisce la produzione di forza e non abbassa la probabilità di infortunarsi.

Nonostante questo, non bisogna demonizzare lo stretching perché questa pratica è fondamentale in sport che richiedono un’ampissima escursione articolare (come ad esempio la ginnastica ritmica o le arti marziali). Però la maggior parte di coloro praticano per anni questi sport, soprattutto a livello agonistico,  rischiano di incorrere in problematiche e infiammazioni articolari anche croniche (per esempio molte ginnaste soffrono già a 18 anni di gonartrosi bilaterale).

Queste sono solo alcune delle attuali evidenze scientifiche che vi sono dietro questo argomento così discusso. È per questo che è importante non improvvisarsi personal trainer di se stessi o seguire influencer sui vari social. Affidatevi ad un/a professionista Laureato/a in Scienze Motorie e lavorateci a stretto contatto. Lui o lei sarà in grado di allenarvi al meglio e raggiungere i vostri obiettivi, riducendo al minimo il rischio infortuni. Saprà sempre cucirvi come un sarto l’allenamento più adatto a voi.

Agnese Camillini S&Co.ach

Laureata in scienze motorie sportive e della salute e scienze dello sport

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